Archivio mensile:Luglio 2017

Canone Rai: pronti i rimborsi per chi era esente

A seguito dell’accorpamento del canone Rai alla bolletta dell’energia elettrica, essa si è tramutata ben presto nella tassa meno evasa dagli italiani. Difatti, l’indotto, fatturato dalla Società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia, sarebbe circa di 350 milioni di Euro.

Secondo calcoli più approfonditi, tale cifra deve essere ridotta di circa 27,1 milioni di Euro i quali sarebbero imputabili a soggetti aventi diritto ad una ipotesi di esenzione tra quelle previste dalla normativa vigente. Si tratterebbe, quindi, di quote indebitamente sottratte in quanto i destinatari avrebbero diligentemente adempiuto a tutte le formalità previste dalla legge affinché venisse loro riconosciuta l’esenzione.

Tale errore è certamente imputabile alle modalità di addebito della suddetta tassa che viene riscossa direttamente dalla compagnia elettrica senza possibilità di opporre al gestore la propria esenzione; questa dovrà essere vagliata invece dall’Ufficio Torino 1 delle Agenzie delle Entrate.

Sarà il suddetto ufficio ad individuare gli aventi diritto al rimborso e a darne comunicazione alle compagnie elettriche interessate, le quali dovranno provvedere, tramite accredito nella bolletta di prima emissione, all’eventuale rimborso entro, e non oltre, 45 giorni a partire dal momento in cui hanno ricevuto la comunicazione del Fisco.

In caso di mancato rimborso, il contribuente danneggiato potrà rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate competente, la quale provvederà a mezzo di bonifico bancario o assegno.

Il CTCR Invita tutti consumatori interessati a verificare attentamente i prospetti delle bollette elettriche riguardo alla voce “rimborso canone di abbonamento alla televisione per uso privato” affinché possano avere contezza dell’effettiva restituzione del canone, versato indebitamente.

Dipendenti di una nota banca veneta nel mirino della Procura di Treviso

La Procura di Treviso, nella persona del sostituto procuratore Massimo De Bortoli, sta indagando sui dipendenti di “Veneto Banca”. Secondo le tesi dell’accusa, essi sapevano, hanno fatto buon viso a cattivo gioco ed hanno venduto titoli non adeguati alla reale propensione al rischio dei clienti, rendendosi complici di chi aveva deciso quella strategia.

Molto semplicemente, i consulenti avrebbero alterati i profili di rischio dei clienti stessi – che così risultavano tutti esperti e ben informati – affinché potessero sottoscrivere quei titoli che, con il repentino crollo del loro valore, hanno polverizzato il capitale di decine di migliaia di persone.

Di fronte a queste “azioni” – in questo caso il significato è duplice – sorge spontanea un’osservazione, già fatta da noi tempo addietro: attenzione a ciò che viene proposto, poiché spesso, inconsapevolmente, si è portati ad assumere il ruolo di “investitori” quando, in realtà, si desidera essere semplicemente “risparmiatori”. Questi ultimi, infatti, sono tutelati dal fondo interbancario di tutela dei depositi; gli investitori, invece, accettano, in quanto tali, il rischio di perdere parte del capitale, senza avere diritto ad alcun rimborso.