IL CALVARIO DELLE TASSE di Umberto Baldo

Oggi non vi parlo di Banche. Vi parlo di tas-se!
O meglio del “sistema italiano” di pagare le tasse!
Io, e credo anche molti di Voi, ho amici che abitano all’estero e, quando parliamo di ob-blighi tributari, mi trovo sempre in imbarazzo a descrivere il nostro “sistema tributario”.
Figuriamoci quando qualcuno mi dice che in questi Paesi lo Stato manda a casa la dichia-razione dei redditi già compilata sulla base dei dati in proprio possesso, chiedendo al contribuente se i conteggi sono esatti, nel qual caso si passa alla cassa, o se invece c’è qual-cosa da eccepire, nel qual caso si fissa un ap-puntamento (ho detto appuntamento, non co-da) in cui ci si confronta alla pari, e se del ca-so lo Stato corregge e chiede scusa.

Badate bene che non mi riferisco solo al livel-lo di tassazione cui siamo ormai da anni as-soggettati, che, grazie anche alla scandalosa evasione ormai cronicizzata, costringe chi pa-ga a salassi ormai inaccettabili, ma alle indi-cibili difficoltà che il cittadino italiano deve affrontare per assolvere l’obbligo tributario.

La verità è che, grazie alla congerie di norma-tive vigenti, sempre crescenti per la verità, che forse rappresentano il vero primato nel mondo di questa nostra Italia, oggi un cittadi-no di media cultura non riesce a compilare da solo la modulistica richiesta dallo Stato.

Poco male, direte voi! Ci sono i Caf, i com-mercialisti ecc.

Ma qual’è lo Stato europeo che costringe i propri cittadini-contribuenti ad un vero e pro-prio “calvario” per capire quando, come, e cosa pagare?

Io mi limito ad osservare le code cui si sotto-pongono in questi giorni i cittadini di Abano Terme ed Albignasego ( ma solo per fare due esempi di una situazione uguale in tutto il Pa-ese) per cercare di capire l’ammontare della Tasi da versare entro il 16 giugno.

Badate bene che non dò la colpa agli impiega-ti comunali, che sicuramente questo assalto lo subiscono malvolentieri, ma ad una classe po-litica che, da sempre, non ha mai realizzato che la semplificazione tributaria è la prima regola che uno stato civile deve ricercare.

Oltre a tutto, non crediate che anche per noi, che collaboriamo con i nostri Caf per aiutarvi a compilare 730, Unico, Isee e quant’altro, le cose siano semplici.

In questi giorni, in particolare, il livello di confusione ha raggiunto livelli mai visti.

Ma quello che più stupisce, oltre ovviamente alla cervellotica differenziazione di scadenze fra i Comuni “deliberanti” o meno, è il “gioco del cerino” che si intravvede in controluce fra poteri centrali e livelli comunali.

E’ chiaro che a nessun politico piace imporre tasse.

Ma nel caso della Tasi è lo stesso governo (ma sarebbe il caso di dire gli stessi governi, visto che è stata una politica comune anche di Monti e Letta) che ha reso possibile ai Comu-ni aumentare l’aliquota della tassa sui servizi. Ebbene, dopo aver fatto questo, il governo si mostra stupito del fatto che i comuni approfit-tino di questo diritto.

In pratica,quando si prospetta questa eventua-lità di aumentare l’aliquota, lo stesso governo che l’ha resa possibile sembra colto dalla ten-tazione di dilazionarla, di prendere tempo al-lontanandone gli effetti sulle tasche degli ita-liani.

E non capisco perché ci si stupisca del fatto che i comuni abbiano deciso di procrastinare il più possibile la fissazione definitiva dell’a-liquota del tributo.

In un periodo elettorale ancora non del tutto concluso, solo dei masochisti avrebbero potu-to decidere di comunicare ai propri elettori che con la Tasi si azzerano i vantaggi della famigerata “cassazione” dell’IMU sulla prima casa. Come è ovvio hanno fatto melina, hanno preso tempo.

Ed il risultato è quello che chi abita, per tor-nare all’esempio precedente, ad Abano Terme (dove guarda caso non si è votato) pagherà la Tasi entro il 16 giugno, mentre nella confi-nante Padova (dove domenica c’è il ballottag-gio) si pagherà a settembre ( o a ottobre a se-conda dei rumors parlamentari).

Ciò che rende odiosa la Tasi, e l’Imu, più del-l’entità delle aliquote e degli importi concreti, infatti, è il clima di incertezza psicologica in cui viviamo da anni.

Quando si paga, quanto si paga, come si paga, entro quando: è l’incertezza che aumenta il ca-rico fiscale, anche se ancora non sappiamo come si possa misurarlo.

È l’incertezza che logora più della tassa.

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